mercoledì 16 novembre 2022

Recensione "PER IL MIO BENE" di Ema Stokholma - HarperCollins


Titolo: Per il mio bene
Autrice: Ema Stokholma
Editore: HarperCollins
Data di uscita: 27 Febbraio 2020
Genere: Autobiografia
Pagine: 200
Volume: autoconclusivo


Per il mio bene di Ema Stokholma, pubblicato dalla casa editrice HarperCollins è un'autobiografia tosta, intensa, vera.

- La mia Recensione -

Morwenn Moguerou è solo una bimba di appena quattro anni quando per la prima volta nella sua vita riceve un pugno in faccia da sua mamma, così, senza motivo, e ne ha solo sei quando questa l’accusa di essere una puttana e una ninfomane… lei, una bambina così piccola che non ha la più pallida idea di che cosa significhi ciò di cui la stia accusando la madre!
Ma le percosse e gli insulti che riceve li sente benissimo, come li sente suo fratello Gwendal (di poco più grande di lei), che riceve lo stesso trattamento dalla madre.

Non so di cosa parla. Provo a negare, a difendermi, ma non resisto molto e crollo sotto le botte. Mi tira i capelli e mi sbatte la testa contro il finestrino e il cruscotto. Non riesco a piangere, allora dice che non ho sentimenti, sono autistica e ninfomane. Mia madre ha le mani pesanti. […] Ammetto tutto, sono colpevole, solo così mi lascerà in pace. Come sempre, dopo la mia confessione, finisce l’aggressione fisica. Quella verbale no, ma è già qualcosa. […] Io odio correre, odio il sesso, odio la macchina, odio mia madre.

Così piccola ed inesperta della vita, eppure fa troppo presto la conoscenza del “mostro” che abita in casa: in particolare se la prende con la bambina perché è magrolina, tutto l’opposto di lei che è bassa e grassa, brutta e che alza spessissimo il gomito.
E – come se non bastasse – si trasforma in mostro all’improvviso, lei, così violenta e imprevedibile, senza lasciare scampo ai due bambini.

La velocità con cui le sale la rabbia mi ha sempre impressionato. Come un pitbull che non ti dà nessun segno che sta per uccidere un altro cane. Non puoi mai sapere fino a dove si spingerà, ma oggi in pochi minuti sono riuscita ad arrivare alla minaccia suprema, la minaccia di morte. Contro ogni mia aspettativa apre la porta e usciamo. Io e il mostro, da sole.
Visto che stiamo uscendo forse non ne prenderò così tante, almeno non davanti a tutti.

Il mostro comanda a bacchetta entrambi: cosa devono indossare, che taglio di capelli devono avere, perfino che giocattoli devono desiderare… giocattoli che poi lei stessa distrugge nei suoi attacchi d’ira, che possono durare anche per giorni e giorni di fila, fino ad un totale periodo di stallo:

Quando non ti mena, non ti risponde, ti ignora – diventi trasparente.

Quando è troppo piccola, Morwenn non sa che fare, visto che l’unica figura adulta della famiglia è proprio colei che li tortura a tal punto sia fisicamente che verbalmente. Ma presto comincia a capire quanto tutto ciò sia assolutamente ingiusto, quanto la sua vita sia totalmente differente da tutti i suoi coetanei.

Morwenn inizia anche a pensare di scappare, ma ogni suo tentativo è vano, e ogni volta che viene riportata a casa, prende una dose ancora più potente di botte. Ma nonostante tutti i lividi, i giorni di assenza da scuola quando non riesce ad alzarsi dal letto dal dolore, nessuno esterno alla famiglia pare accorgersi mai di nulla.

Mi piacerebbe che qualcuno si accorgesse di quello che succede a me e a mio fratello, ma non ci spero davvero, sono rassegnata. Mia madre davanti alla gente riesce ad essere normale. È come se avessimo un accordo io lei e Gwendal, per cui non dobbiamo farci vedere dagli altri come siamo quando siamo noi tre soli. E anche questa volta mamma parla con Stéphane come se niente fosse.
[…] Mi dice solo che si vergogna di me, di quello che è costretta a farmi perché chiedo la sua attenzione in questo modo.

Gwendal e Morwenn non hanno davvero nessuno a cui poter chiedere aiuto, perché il padre romano è uno sciupafemmine che ha lasciato la Francia prima ancora che nascesse la bimba, e torna sporadicamente a trovarli, ma non fa assolutamente nulla per evitare che la madre picchi i bambini… e come può non saperlo?
L’ha conosciuta anni prima, ma si sarà ben accorto di come sia cambiata e di quanto il suo stato di “mostro” la renda sempre più brutta e disastrata… no?

La bambina non ha nessuna voce in capitolo, e nemmeno il sostegno morale del fratello maggiore può aiutarla quanto vorrebbe, perché sa benissimo quanto ogni scarica di botte potrebbe essere quella che la porterà alla sua fine…

Comunque neanche lui contraddice il mostro, mai. Eppure mi sembra così evidente che non siamo noi il problema, ci accusa di cose che io vedo in lei. […]
Penso alla morte tutti i giorni come via di fuga, è un pensiero caldo e confortevole, forse l’unica cosa che mi tranquillizza più della musica, perché alcune canzoni mi fanno sentire ancora più triste, ma le ascolto lo stesso.

La musica infatti è l’unica via di fuga per la mente di Morwenn: appena può, si infila le cuffiette del suo walkman, che ascolta a tutto volume per non sentire gli improperi della madre quando picchia il fratello, e soprattutto per poter almeno sognare una vita serena senza essere picchiata, umiliata e disprezzata in continuazione. Anche perché non può proprio parlarne con nessuno.

Non ne abbiamo mai parlato, mai ammesso l’orrore, forse per non accendere il dolore dell’altro abbiamo fatto finta di niente. Ci siamo lasciati dividere dal mostro, che esercitava così il suo potere peggiore su di noi. Non ci picchiava mai insieme. Se toccava a Gwendal sopportare la rabbia potevo tirare un sospiro di sollievo, per tre quattro giorni, forse, sarei stata la bambina migliore. Funziona così, diventi il nemico pubblico per quasi una settimana in cui alterna botte e insulti e, nel resto del tempo, indifferenza totale. Quando non ti mena, non ti risponde, ti ignora – diventi trasparente.
So che mio fratello subisce la mia stessa sorte perché lo sento urlare. Sento gli insulti e magari prima, a pranzo, ho visto l’odio del mostro salire nei suoi confronti.

Ciò che sprona la protagonista del libro (che è l’autrice stessa) a resistere a tutta la sofferenza, è la sua innata voglia di ribellarsi ad una vita infame che le ha dato per madre un essere crudele che non si fa scrupoli a riempire i propri figli di mazzate, a denigrarli e a spezzarli nel corpo e nell’anima.

Morwenn fin dalla più tenera età ha subito una violenza inaudita che l’ha resa insicura, con un’autostima sotto terra, con una serie infinita di traumi che probabilmente non riuscirà mai a guarire, nonostante tutta la sua buona volontà.

Perché ci sono due Morwenn: quella piccola spezzata, e quella più grande che prende il coraggio di scappare definitivamente per intraprendere una vita totalmente priva di certezze, ma finalmente libera… ed è questa seconda occasione, questa seconda vita che la porterà, dopo non pochi ulteriori difficoltà, a diventare Ema Stokholma.

Per il mio bene potrebbe sembrare apparentemente un romanzo, ma la realtà supera la fantasia: Ema Stokholma – con una forza immensa – ha trovato il coraggio di rivangare nel suo passato e ha raccontato con immensa schiettezza piena di dettagli tanto cruenti quanto veri tutta la sua storia e la sua vita fino al momento in cui ha scritto il libro.
Non è stato per nulla facile per lei ripescare tutte le sofferenze e i traumi passati che in qualche modo aveva cercato di chiudere in un cassetto non per dimenticarli, ma per poter vivere senza il costante terrore che ha alimentato ogni suo giorno di quando era bambina.
Ema è comunque una donna spezzata nel profondo, ma allo stesso tempo è una donna decisamente più forte di quanto abbia mai potuto immaginare, una donna che è riuscita a prendere la propria vita per le corna e tentare davvero tutto il possibile per poter cambiare il proprio destino.

Per me è stata una lettura davvero tosta emotivamente, ma l’ho divorata in un paio di giorni perché non potevo farne a meno: “conoscevo” l’attuale Ema simpatica ed effervescente, ma non avevo assolutamente idea di quanto avesse sofferto nella sua vita, dove sì è stata assolutamente una vittima, ma che ha lottato coi denti per cambiare totalmente il proprio futuro, senza l’aiuto di nessuno.

Le persone che soffrono si dividono in due categorie: quelle che si trasformano a loro volta in quei mostri da cui sono state tormentate, e quelle che invece quando toccano il fondo prendono la spinta per risalire in superfice ancora più tosti e forti di prima, seppur pieni di cicatrici che difficilmente si rimargineranno.
Beh, Ema/Morwenn è proprio di questo secondo tipo.

Una giovane donna poco più grande di me che ne ha passate davvero tante, ma nonostante tutto ha trovato davvero un coraggio immenso per realizzarsi nella vita, nonostante tutto.

Di solito non sono abituata a leggere molti libri che parlino di tale sofferenza, proprio perché emotivamente sono una persona empatica… e di fatti ho sofferto assieme a Mowrenn leggendo un capitolo dopo l’altro.
Però ho deciso di leggere “Per il mio bene” e di parlarne qui nel blog per assecondare il volere della diretta interessata Ema:

È per questo che ho voluto condividere la mia storia, per dirvi di non farvi i fatti vostri.




Ema Stokholma è lo pseudonimo di Morwenn Moguerou. Nata in Francia alla fine del 1983, scappa di casa a quindici anni per sfuggire agli abusi materni e si trasferisce in Italia. Inizia a lavorare come modella, ma lascia il mondo della moda per la musica e in poco tempo diventa una delle più importanti e popolari dj italiane. Nel 2017 vince Pechino Express, e comincia a seguire i grandi eventi musicali per Rai: Festival di Sanremo, Eurovision Song Contest e Brit Awards. Conduce su Rai 4 Challenge 4, Stranger Europe e su Rai 1 il Prima Festival. Dal 2017 conduce con Gino Castaldo il programma Back2Back su Rai Radio 2.

Nessun commento:

Posta un commento